Alla fine dell’Ottocento lo strano fervore che corre fra i popoli al concludersi di ogni secolo spinse i cattolici ad elevare un monumento a Cristo Redentore su diciannove vette delle montagne dell’Italia. Diciannove erano i secoli trascorsi sotto la fede in Cristo, di essi doveva restare un segno su tutta la penisola, si diceva fra i più ferventi cattolici. L’idea di Filippo Cancani Montani conquistò l’Italia clericale e dalle Alpi agli Appennini fino alle Madonie corse un tale entusiasmo che qualcuno pensò di farli diventare venti, per comprendere anche il secolo ventesimo che stava per arrivare. La Gioventù Cattolica italiana costituì il comitato internazionale, il conte Giovanni Acquaderni ne fu l’anima.
A dare forza all’iniziativa pervasa di valori religiosi c’era anche un’altra spinta, più laica, ma pur sempre poderosa: la rinascita dell’ amore per la montagna.
“Mentre nascevano le fumose città operaie e s’alzavano verso il cielo le Ciminiere eruttanti miasmi di morte rinasceva l’alpinismo e le prime grandi ascensioni incominciavano ad appassionare le folle europee e quelle dell’America del Nord. Il motto lanciato da Longfellow: “Excelsior!” aveva scosso la razza latina che sentiva il bisogno di essere ritemprata “dappoichè in questa degradazione fisica il corpo per averlo docile bisogna stimolarlo come un cavallo pigro e sfiancato” scriveva Giovanni Semeria (L’alpinismo).
“L’alpinismo – si legge negli scritti di Augusto Grossi Gondi – ha fatto conquistare all’uomo le vette della montagna, spetta a noi conquistare a Gesù Cristo queste superbe e gigantesche opere della natura dandole per base alla statua o alla croce del Redentore”.
Il monumento sul monte S. Giuliano nei pressi di Caltanisetta coronò il battesimo dell’iniziativa dell’Italia cattolica, il 3 settembre 1900. Poi via via sorsero tutti gli altri diciannove.
Tra le montagne della Lombardia la scelta cadde sul monte Gugliemo, il “superbo colosso che per la sua conformazione sembra appunto un immenso piedestallo preparato dalla natura per innalzare verso il cielo una supplice manifestazione di fede. Nessuna montagna bresciana infatti offriva meglio l’idea di una possente base ad un altare o monumento che volesse significare una offerta degli uomini al Cielo, che riassumesse la riconsacrazione a Dio di tutta la terra e di tutta l’umanità, compiuta attraverso la redenzione operata da Gesù Cristo, il Salvatore del mondo, ed assieme ancora che compendiasse i secoli di storia passata e futura di cui la Redenzione è il centro focale” scrive monsignor Antonio Fappani nel libro che ricostruisce con rigore storico la storia di quella lunga fatica.