La pace era tornata da poco nell’Europa che contò più di otto milioni di soldati caduti sui campi di battaglia, altrettanti chiusi nei campi di prigionia o dispersi nel deserto della Cirenaica e nelle sconfinate pianure russe, quando nella chiesa delle Grazie il giovane Montini officiò la sua prima Messa. Era il 29 maggio 1920.
A ventisette anni lasciò Brescia per andare a Roma dove divenne una promettente guida del Circolo romano della Fuci, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana. La spiccata intelligenza e la profonda cultura di quel giovane prete spinsero Pio XII a chiamarlo alla segreteria dello Stato Vaticano.
Accanto all’esercizio spirituale Battista Montini profuse grande impegno sociale per la cultura cattolica nella quale apporto notevoli innovazioni, mentre il delitto Matteotti insanguinava la scena politica. Talvolta incontrava il padre che dai seggi di Montecitorio tentava di contrastare l’ascesa del fascismo. L’animo democratico di Giorgio Montini non accettava un potere autoritario come quello che stava per prendere le redini della Nazione e nel 1921, dopo la secessione sull’Aventino dei democratici, quando fu chiaro che il Duce aveva in pugno l’ Italia, l’ onorevole Montini si rifiutò di tornare in Parlamento e pose fine alla sua esperienza parlamentare mentre il figlio Battista, a fianco del papa Eugenio Pacelli cercava di tener testa alle idee del superuomo affermando i valori della dignità e della libertà dell’uomo che, in un’Europa avvelenata dal nazionalismo, vedeva calpestati.
Così scriveva il I novembre 1926.
“l’espresso del Papà mi ha riempito l’anima di amari e grandi pensieri. Voi potete immaginarli: sono certo i vostri, ero così tutto addolorato ieri sera per i fatti di Brescia quando seppi che essi sono simili a quelli di molte altre città d’Italia: saprete di Trento, Verona, Cagliari, Rimini ecc. Saprete della sospensione di quasi tutti i nostri giornali. Evidentemente c’è lo studio di creare lo spavento: è una forma per incatenare spiriti che sfuggono. I governi precedenti avevano la paura del coraggio; questo ha il coraggio di mostrarsi pauroso, è la propaganda del sospetto, è la smania di individuare avversari, è la logica della rivoluzione. Il fascismo morirà d’indigestione, se continuerà sarà vinto dalla propria prepotenza. Quello che è doloroso è che il popolo italiano venga così a ricevere la esiziale educazione alla volubità e all’ avventura e che sia continuamente eccitato non a contenersi nell’ ambito del diritto ma a sfrenarsi nella brutalità degli odi di parte” .