In un giorno di dicembre del 1943, mentre la seconda guerra tuonava nel suo pieno furore, Giorgio Montini chiuse gli occhi al sonno eterno. Aveva 83 anni. Intorno al monumento al Redentore corse un leggero alito di vento.Il Vieni presto a prendermi gli sussurrò Giuditta tenendo stretta la mano diafana del marito.
Il 7 febbraio 1943 Battista scriveva queste righe alla madre. “Carissima mamma, perchè non riesco più a scrivere? Mi è così difficile ora più che mai, dire ciò che ho nell’animo, e non sto bene che in silenzio dopo il nostro lutto. Nulla è cambiato nell’andamento consueto delle mie giornate, ma quanto in quello della mia conversazione interiore! Comprendo come sarebbe pericoloso e non degno di Lui, del nostro Carissimo, abbandonarsi alla stanchezza spirituale di questo dolore e non volersi consolare che alla inebriante ma vana nostalgia dei ricordi. Mi fa invece tanto bene pensare alla tua illuminata serenità e alla calma sicura con cui Lo vai rintracciando per la sola vera via che ci rimane d’unione con Lui, la preghiera. Dal vuoto che ho nel cuore misuro il posto che egli vi teneva, il papà maestro e amico mio”.
Dopo quattro mesi e sette giorni dalla morte del marito anche Giuditta lasciava la vita terrena. Aveva 69 anni. Sul Guglielmo il Redentore cedeva alla forza delle raffiche di vento e delle bufere di neve. I partigiani che arrivavano lassù per cercare rifugio non vedevano la cuspide aguzza svettante verso il cielo ma un informe mozzicone di cemento.