Un giorno il cardinale volle conoscere da vicino gli uomini che estraevano il ferro dalle viscere delle montagne valtrumpline e portare loro la sua benedizione. Venne il giorno dell’Assunta del 1959 quando la Comunità di Bovegno era in festa intorno al suo parroco, monsignor Francesco Bertoli, che celebrava il trentacinquesimo anno di missione sacerdotale e il diciottesimo di attività parrocchiale. L’ Arcivescovo di Milano fu accolto da una folla immensa accorsa da tutti i paesi della valle.“Quando alle 17 la nera macchina del Presule è giunta alla miniera Ferromin ad attendere l’ospite c’erano tutte le autorità della provincia … L’incontro con il nostro monsignor Tredici è stato molto commovente. Ricevuto l’omaggio dei minatori della Ferromin l’arcivescovo di Milano ha proseguito per la miniera Tassara, quindi è stato calorosamente accolto dagli abitanti e dai villeggianti di Collio, poi ha raggiunto la Prealpina” si legge nella cronaca di Danilo Tamagnini per il Giornale di Brescia.
Seduto sui carrelli abituati a trasportare terra e roccia il cardinale, con l’elmetto in testa, percorse oltre cinquecento metri nell’umidità persistente dei cunicoli della miniera dove fango e tenebre sono stati, e sono, eterni compagni, degli uomini che, scavarono e scavano la roccia. Celebrò la messa nella “ricetta” Santa Barbara, la conca che accoglie la statuetta della santa che protegge il mondo di chi lavora nei pericoli del sottosuolo. Parlò ai minatori, uomini dai visi scavati da rughe profonde, dalle mani callose. Uomini che per un povero salario ogni giorno si lasciavano alle spalle il verde dei loro boschi, la luce del giorno per anelare a scavare nella notte, come avevano fatto i loro padri per generazioni e generazioni. Secoli e secoli come talpe. “damnati ad metalla”, come i condannati ai lavori forzati che al tempo dei Romani arrivavano lassù incatenati al loro triste destino.
Quando il cardinale arrivò a Collio si lavorava febbrilmente sull’onda crescente del boom economico. C’erano ancora centocinquanta minatori nei cunicoli della Torgola a scavare la vena per estrarne la fluorite. La ricostruzione dell’Europa distrutta dalla guerra aveva bisogno del bianco minerale diventato particolarmente prezioso dall’Ottocento quando gli inglesi avevano scoperto che messo negli altiforni abbassava il punto di fusione e riduceva i consumi di elettricità. E negli anni di sviluppo portato dalla pace si accesero numerosi altiforni voraci di watt e l’ escavazione del minerale procedeva a ritmo incalzante.
Quando la pace sopravvenuta alla seconda guerra mondiale portò la ricostruzione dell’ Europa distrutta dai bombardamenti e a centinaia si accesero gli altiforni affamati di watt, il minerale andò a ruba e dalle miniere di Bovegno ogni giorno partivano camion carichi del prezioso minerale.
“Vorrei stringervi la mano uno per uno e dirvi il mio affetto e la mia stima. Io prego la Vergine affinchè vi conceda la sua celeste protezione e assicuri a voi e alle vostre famiglie quella serenità che non è garantita dal solo pane quotidiano ma scaturisce dalla pace sociale” disse il cardinale Montini a quanti lo ascoltavano. Non dimenticò i minatori della Tassara, anche per loro ebbe parole di conforto. Lasciò la valle verso sera. Si era fatta notte. “La giornata che aveva avuto inizio con un violento temporale moriva dolcemente, l’aria frizzante pervasa da un’ eco lontana di scoppi: le cariche esplose dai minatori in segno di festa” scriveva ancora Danilo Tamagnini.
In quel viaggio Battista Montini, percorrendo la strada nera di asfalto che costeggia il Mella, ripensò al lento tragitto in tram, alle escursioni sui monti con il padre, alle case di Pezzoro fiorite di garofani, alla fatica dei muli carichi di valigie.
Un temporale d’agosto gli impedì di vedere la grande sagoma del Guglielmo, ma non di ricordare quel lontano giorno di agosto del 1902.
Nella sua mente riapparve il volto amato della nonna, la gioia del padre, la grande folla che si era inerpicata fino a duemila metri di altitudine per pregare davanti alla cappella del Redentore.
Emozioni e immagini degli anni dell’infanzia tornarono ancora più intensi quando Battista Montini entrò nella chiesetta di San Rocco, sorta accanto alla sua casa natale. Anche qui lo attendeva una grande folla. Anche qui celebrò una messa e parlò alla gente” Compaesani vorrei potervi comunicare il calore dei sentimenti che mi assalgono”.