Del loro ritorno si parlava da anni, ma nessuno immaginava che fossero diventate stanziali. Le aquile, estinte in Guglielmo dai primi decenni del Novecento, sono ritornate a essere le regine dei cieli sopra il monte, dominano con l’occhio rapace mentre battono palmo a palmo il territorio, in cerca di cibo. Due picchiate formidabili una a pochi millesimi dall’altra, le ombre minacciose, il richiamo inconfondibile, le dimensioni che non lasciano dubbi.
Le aquile del Guglielmo scendono in basso, fino all’azienda agricola Pesei dove trovano cibo… in libertà. Già, perché Abramo Sabatti e Amedeo Materossi, gli uomini che hanno trasformato un luogo abbandonato in un piccolo paradiso con la fatica di anni di lavoro, le loro oche, galline e faraone le lasciano libere, anche di morire.
«L’emozione di vedere le aquile è stata tanta, tantissima – racconta Sabatti -: ho sentito il richiamo inconfondibile, ho visto due ombre grandi, erano un coppia, non potevano essere predatori per così dire abituali. Li conosciamo, i gheppi, le poiane, le pecchiaiole che, insieme a volpi e faine da terra, mettono puntualmente a segno il loro bottino».
Le aquile sono tornate dopo quasi un secolo di assenza: cacciate dai bracconieri, private del cibo, avevano abbandonato sua maestà Gugliemo. Poi, qualche anno fa, è iniziato il ripopolamento dell’area con marmotte, cinghiali, caprioli e mufloni. E loro sono tornate. E si sono riprese già la corona dei cieli valtrumplini