Con il passare degli anni le miniere si rinchiusero su se stesse. Quando dall’ India e dal Brasile cominciò ad arrivare il ferro a costi più bassi la Ferromin cessò l’escavazione (1964), la Tassara seguì la stessa sorte (1984). Oggi resta aperta solo la Torgola (o Prealpina), ma anche la sua vena di fluorite è in fase di esaurimento e la chiusura non dovrebbe essere lontana.Sono rimasti in undici a scavare nell’ umidità con fango. Vengono da Collio, da Pezzaze, da Marmentino e da Bovegno. Nella busta paga si trovano un milione e mezzo al mese, o poco più se hanno familiari a carico o qualche anno di quella vita sulle spalle.
Altri sei uomini fanno lavori fuori dai cunicoli.
In tutto sono una ventina i sopravvissuti ad una fatica secolare.
Bernardino Da Ronch è la loro guida tecnica. Ha fatto per sette anni il direttore della miniera, da qualche anno se ne è andato in pensione, ma è rimasto a fare il consulente. “Non trovano esperti”. Conosce la miniera palmo a palmo, in tutti i suoi aspetti, geologici e tecnici, controlla ogni centimetro e sì che sono quaranta i chilometri di gallerie scavate in orizzontale e in verticale, un formicaio dentro il quale si muove senza alcuna paura. Cammina nel fango sicuro e spedito. “La galleria non crolla. la roccia è dura”. Suo nonno era minatore, suo padre pure.
Forse quel buio che per noi è paura, che ricorda i troppi morti rimasti intrappolati dentro le gallerie, gli è entrato nel sangue.
“Il pericolo non è più la silicosi ma è l’umidità” informa, “Da quando la perforazione della roccia avviene ad acqua e la ventilazione forzata porta via l’aria malsana e genera il ricambio. Il cristallino di silice non aggredisce più la cellula polmonare, come succedeva un tempo, quando si sostituiva ad essa e i polmoni imbevuti di silice respiravano a fatica”.
Sono decine e decine i cunicoli che uomini e bambini hanno scavato nella montagna a Collio (Vallona, Valdardo, Prato, Oliva, San Marco, Cavallaro), a Bovegno (Giardino, Danese, Cavallo, Grand’Albero, Valle di Falò) e a Pezzaze (Rasnale, Fiorentino, Medelino, Belvedere, Capre, Pagherino, Piazza, Castello, Zucca, Zalio, Martori, Zioje, Valdano, Sete).
Delle condizioni di lavoro dei bambini si era preso a cuore anche Giuseppe Zanardeili che nel 1857 scriveva “questi fanciulli di sette o otto anni devono trasportare sul dorso ad uno ad uno quella quantità di materiale onde sono capaci … si stampano sulle persone di questi esseri piccoli, rachitici, malaticci, i caratteri dell’impotenza e dell’infermità …le esalazioni mefitiche logorano ed estinguono il principio della vitalità … debbonsi talvolta deplorare vittime umane schiacciate dal minerale che scoscende od annegate da acque dirompenti “.
Si legge nel quadro topografico statistico della provincia bresciana all’illustre giureconsulto Giuseppe Saleri, presidente dell’Ateneo di Brescia, omaggio dell’ editore Francesco Cavalieri.1835.
“Costruzione delle miniere. Sono semplici scavamenti nei quali non si discende nè per scale nè per pozzi, nè coll’ aiuto di corde ma per gallerie strette, basse e tortuose, incomode, più o meno declivi, secondo l’andamento degli strati minerali tal volta orizzontali, ma più spesso inclinati. All’uopo si estrae l’acqua feltratavi colle macchine.
Lavoro interno. Il minerale è divelto o spezzato a furia di mine e le grosse buche a mazza.
Si trasporta su piccoli carretti a due ruote o sul dorso dei fanciulli. La roccia ignuda di ferro si lascia giacente nel cavo. Se il coperchio minaccia si puntella. Avvi poca vigilanza nel rimuovere i pericoli. Il più notevole dispendio intorno alle miniere consiste nei ripari alle inondazioni che si operano per feltrazione delle acque. Qualità del ferro. Il più del materiale che quelle miniere tributano è ferro spatico, combinazione del ferro coll’ acido carbonico, di cui si riscontrano due principali attività: il grigio a minuta grana, detto colà “vena bianca”, l’altro a larghe lamine e di una lucentezza di madreperla detto variamente in quei paesi “trinetta, grassura, fettone”.
Fornaci. La estratta vena, infranta a pezzetti omogenei, si versa in fornaci scoperte circolari, dette regane, ove si assetta frammentando agli strati di tali minuscoli strati di legna, a cui si appicca il
fuoco al di sotto. Dopo sei o sette giorni di combustione si estrae il minerale abbrustolito e friabile. e si getta nel forno di fusione che suole ardere per tutta l’annata”.
Delle miniere si intende fare una meta che riporti i turisti nell’alta valle attratti non tanto dai boschi e dall’aria salubre quanto dai cunicoli scavati nelle montagne.
Il progetto è stato sottoscritto da molti sindaci convinti che l’antica fatica nelle tenebre riporti alla Val Trompia lo sviluppo economico perduto.