Sulla loro tavola ogni giorno fumava la polenta cotta alla fiamma del fuoco che uno di loro accendeva con la legna che la montagna offriva in abbondanza, qualche salsiccia arrostita sulle braci, il formaggio delle malghe, un bicchiere di vino. Provviste portate dentro gli zaini e conservate nel ghiaccio della ghiacciaia” ricavata da una buca addossata al rifugio Almici che ogni giorno avevano la cura di rimpinguare con cumuli di neve.“El vì el tigniem a mà” ricorda Martino Salvalai. Ha il viso solcato dalle rughe di una vita dura, settantasei anni, e innumerevoli ricordi di quei mesi trascorsi sul Golem. Di sera, chiusi nella baracca, al lume di una lampada a gas, giocavamo a tressette, un bicchierino di grappa, poi tutti a dormire, stanchi, sulle brande”. “Lungo il sentiero che dalla baracca dove dormivamo portava al Redentore ogni mattina ognuno di noi si metteva sulla spalla una grossa pietra che trovava sul cammino e la portava fino al cantiere. Di tutte quelle pietre è fatto il selciato che porta alla cappella ricorda Delfino Sina.
I sei uomini rivedevano i loro cari il sabato sera e raccontavano delle difficoltà dello stare lassù lontani dal consesso umano ma anche della gioia dell’essere artefici di un “dono” al Papa. In pieno Agosto la furia di una bufera si portò via l’ impalcatura di legno, poi venne a mancare la ghiaia, gli elicotteri interruppero la loro spola e i muratori tornarono alle loro case. Dopo un mese di sosta forzata ripresero i lavori e non li interruppero fino al 22 settembre quando posarono la cazzuola e guardarono con orgoglio la nuova costruzione che svettava nel cielo, forte del cemento che l’ingegner Vittorio Montini aveva calcolato con la precisione di chi sapeva quanto violenti fossero lassù le piogge, i venti e i fulmini.
Sulla guglia più alta, svettante a ventun metri di altezza dal suolo, poggiava una croce in ferro a cinque punte: “L’abbiamo tirata su con le corde, non le dico la fatica …” ricordano Martino Salvalai e Delfino Sina.
E il 26 settembre del 1966, come nel lontano agosto del 1902, una grande folla salì lungo i sentieri che portano al Golem, pregò davanti alla piccola cappella, lesse i messaggi incisi sulle lapidi di marmo.
“A Cristo Redentore le popolazioni lombarde riconsacrano questa cima protese oggi e in futuro verso una nuova testimonianza cristiana”.
“l bresciani riconoscenti nel giorno inaugurale ricordano il generoso determinante concorso di trasporto aereo che l’ United States Army Sauthern European Task Force diede alla ricostruzione di questo monumento testimonianza e auspicio di pace e amicizia fra i popoli. 1966”.
“Splende sul monte Guglielmo il monumento al Redentore pegno di fede e di testimonianza cristiana dei bresciani” titolava il Giornale di Brescia, il giorno seguente.
Il Guglielmo era tornato ad essere teatro dell’entusiasmo collettivo che sessantaquattro anni prima aveva guidato i fedeli nella lunga camminata verso la sommità della montagna. In alto, sempre più in alto.
Mancava solo il vescovo quel giorno. L’elicottero dell’aviazione americana che trasportava Luigi Morstabilini non potè atterrare per la fitta nebbia che copriva la vetta. Toccò quindi a don Luigi Colosio leggere il discorso che avrebbe dovuto fare il vescovo della diocesi bresciana alla folla che era arrivata fin lassù per pregare e per godersi la meraviglia degli spazi alpini.
“…La Croce che svetta dall’ alto del monumento costituisca davvero un punto di convergenza non solo degli sguardi che, da vastissimo raggio, possono rivolgersi a quel centro, ma soprattutto dei cuori e delle speranze di chi crede nel segno redentore di Cristo e della sua Chiesa ….”.
Nel sapere che la cappella al Redentore era tornata a svettare nel cielo il Papa incaricò il cardinale Cigognani di inviare un telegramma in terra bresciana. “Inaugurandosi su monte Guglielmo monumento Cristo Redentore augusto Pontefice augura esso sia simbolo ardente fede codesta popolazione e pegno abbondanti divine grazie su di essa per ricchi frutti ogni cristiana virtù mentre di cuore benedico organizzatori e realizzatori opera nonchè autorità civili et religiose e presenti tutti cerimonia religiosa” .