Non appena le prime nevicate coprono di bianco le cime più alte dei monti ogni Sguardo viene attratto dal candore del gigante dall’aria paciosa, rassicurante, che domina la Val Trompia e il lago d’Iseo. “Guarda c’è la neve sul Guglielmo”. E lo sguardo corre verso la montagna, “un pezzo di Alpi che una mano gigantesca ha sbalzato lontano dal consorzio dei suoi simili poggiandolo quasi al limitare della pianura e a balcone sullo specchio del Sebino” .
Un attimo, il tempo di ricordare che ci sono spazi infiniti oltre il cemento, le fabbriche, l’asfalto.
“Com’ è nitido oggi il Guglielmo”. “C’ è nebbia sul Guglielmo” … Ad ogni mutamento meteorologico la montagna che, come un leone addormentato distende la sua groppa verso la valle del Mella e il lago che raccoglie nella sua conca le acque dell’aglio attira a sé gli sguardi. Tutti i bresciani la riconoscono, a differenza di altri monti, che non hanno nome se non per chi è molto appassionato delle escursioni. “El Golem” invece appare inconfondibile in fondo alla valle, pochi fra gli appassionati della montagna resistono al suo fascino. Sulle carte geografiche il suo nome era Culmine, ma il dialetto della gente lo trasformò in “Golem”, e poi per inspiegabili mutamenti linguistici divenne Guglielmo. Un nome possente, come possente è la sua forma. Dalla vetta chiamata Castel Bertino l’occhio spazia a trecentosessanta gradi su un paesaggio che nessuna mano d’artista avrebbe saputo dipingere più bello. Una rosa dei venti, scolpita nella pietra e posta a 1949 metri, indica all’escursionista i punti cardinali lungo i quali sono posti i luoghi che beano la sua vista.
Chi arriva lassù nelle giornate di luce tersa vede a Nord stagliarsi la Presolana con le sue cime superbe, poco più a Est gli appare il magnifico Adamello, a Ovest intravede il monte Bianco e il Cervino, a Sud intravede l’ondulata linea appenninica e la grande Pianura Padana. E mentre lo sguardo percorre la vasta distesa di monti e di valli dentro cui si incastonano il lago di Garda a Est e a Ovest quello di Iseo, l’animo percepisce un che di race, e non capisce se sia frutto dell’ aria leggera o de silenzio. Anche se, come spesso accade, la nebbia avvolge la montagna lassù una strana sensazione di benessere arriva a placare le ansie interiori. “Una delle più belle viste d’Italia” lo definisce il Cominassi di Gardone Val Trompia, esagerando un po’. Di certo è una delle più belle escursioni del Bresciano.
Sulla vetta della montagna si arriva da diversi sentieri: da Pezzoro, dalla Pontogna, da Caregno, dalla Val di Inzino, dalla Croce di Marone, da Zone. Due o tre ore di cammino, d’inverno nel biancore della neve, in primavera e in estate nel verde dei larici e degli abeti, nei prati macchiati dal giallo dei ranuncoli, dal bianco delle margherite, dal rosa delle rose selvatiche e dei rododendri, dal blu delle genziane. Un giardino creato dalla natura spontaneamente corre negli sconfinati spazi erbosi che si distendono per decine e decine di chilometri quando l’altitudine pone fine ai boschi.
Da giugno a settembre nelle malghe pascolano le mandrie sotto l occhio vigile dei cani e dei mandriani e i prati della malga Stalletti Bassi e degli Stalletti Alti risuonano del din don sordo dei campanacci legati al collo delle mucche.
Dopo la lunga camminata chi arriva lassù mentre sosta per un poco nello spiazzo dove la cappella del Redentore svetta la sua cuspide aguzza verso il cielo non può non lasciare andare lo sguardo sulla vasta corona di monti, al rifugio Almici placa la fame con i casoncelli, le salamine e il formaggio cotti sulla brace del camino sempre acceso, e poi riprende il cammino dopo aver scaldato il sangue delle sue vene con un sorso di acquavite di genziana.
Per circa un secolo la cappella al Redentore se ne è stata sola a combattere le raffiche di vento e di neve e a godersi i silenzi luminosi del sole e delle stelle. Ora le fà compagnia la figura in bronzo di Paolo VI, l’uomo che la storia ricorda come il Papa della civiltà dell’Amore.
Da ora i due monumenti affronteranno insieme le intemperie meteorologiche e insieme accoglieranno le preghiere di quanti percepiscono nelll azzurra pace di tanta bellezza alpina il respiro divino.
La cappella e la scultura bronzea sono legate da un filo invisibile come se uno strano destino le abbia volute unire proprio lassù a duemila metri.